mercoledì 20 maggio 2020

VOGLIO ANDARE A VIVERE A... FORNO DI ZOLDO!

Ci sono luoghi capaci di conquistarti al primo sguardo, con la sfolgorante bellezza dei loro paesaggi ed il fascino senza tempo delle architetture che li caratterizzano: uno di questi luoghi è senza dubbio la Val di Zoldo. Incastonata tra le gigantesche moli di Pelmo, Civetta e Bosconero, ho avuto la fortuna - sì, per me poter ammirare da vicino montagne del genere è una grandissima fortuna! - di trascorrere qui le due settimane centrali di settembre, scegliendo come base per i miei "vagabondaggi" la deliziosa cittadina di Forno di Zoldo, porta d'accesso all'incontaminato Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e punto di partenza ottimale per avventurarsi alla scoperta delle strabilianti catene montuose che delimitano il territorio valligiano.

Benvenuti a Forno di Zoldo!

Cosa mi ha spinta a preferire questo misconosciuto angolino del Veneto rispetto ad un'altra, magari anche più rinomata, meta di villeggiatura?
Tanto per cominciare la sua vicinanza geografica all'Agordino, meravigliosa regione dolomitica che ho esplorato in lungo e in largo due estati fa lasciandomi conquistare da borghi, valli e rifugi completamente immersi nel verde; secondo poi l'opportunità di raggiungere, allontanandomi di una manciata di km dai principali nuclei abitati, luoghi selvaggi e poco addomesticati, adagiati alle falde di impressionanti massicci rocciosi e collegati fra loro da un'articolata rete di sentieri, strade forestali e "viàz" - gli antichi percorsi utilizzati dai cacciatori di camosci: famosissimi quelli del Gonèla e dell'Oliana - per qualsiasi gusto e grado di difficoltà.

La Val di Zoldo e le sue magnifiche montagne

Cartina della Tabacco alla mano, ho quindi iniziato a studiare bene la zona, che dal punto di vista escursionistico riserva notevoli sorprese, individuando gli itinerari più adatti alle mie capacità e concentrandomi esclusivamente su quelli con partenza dal centro del paese o dalle frazioni ad esso limitrofe (in modo tale da ridurre al minimo gli spostamenti in macchina e non sconfinare troppo verso altre vallate), non prima però di aver prenotato un magnifico chalet indipendente nel silenzioso sobborgo di Baròn, uno dei cinque in cui è suddiviso il comune sparso di Forno di Zoldo.

Abitazioni tipiche lungo la strada per Baròn, uno dei cinque sobborghi
in cui è suddiviso il comune sparso di Forno di Zoldo

Se è vero che esiste il colpo di fulmine, a me è bastato scaricare i bagagli dall'auto, infilare le mie fedeli scarpe da trekking e dare un'occhiata in giro, per capire subito di essere arrivata in un posto speciale, una valle libera da impianti di risalita e altre strutture impattanti, dove a farla da padrone non sono alberghi di lusso e negozi alla moda, bensì una natura intatta e per certi versi ancora inviolata, capace di regalare, ma solo a chi è in grado di apprezzarli, momenti ed incontri a dir poco memorabili.
Non pensate però che l'unico svago della zona sia camminare: che siate appassionati di trekking od abbiate un debole per arte e storia, ecco 10 motivi per trascorrere le vostre prossime vacanze estive a Forno di Zoldo, motivi che, sono certa, vi faranno venire voglia di fare lo zaino e partire all'istante. Allora che dite, cominciamo? 😏

Passeggiando per il centro storico del paese

1) Per dormire in un vero "Villaggio degli Alpinisti"

Solcato dal placido corso del torrente Maè, affluente destro del Piave che sgorga alle pendici del Monte Civetta, l'abitato di Forno sorge all'imbocco della Val di Zoldo, ad un'altitudine di 848 metri e circa 20 km dalla stazione ferroviaria di Longarone.
Unica località italiana a potersi fregiare, assieme ai vicini comuni di Cibiana Zoppè di Cadore, del titolo di "Villaggio degli Alpinisti", riconoscimento ideato nel 2008 dall'Österreichischer Alpenverein - la principale associazione alpinistica austriaca - ed assegnato esclusivamente a quei borghi che, dagli albori del turismo montano ad oggi, hanno mantenuto intatta la loro identità senza piegarsi ad assurde regole di mercato ma optando al contrario per uno sviluppo sostenibile e consapevole, ciò che rende magico questo luogo, oltre al fatto di ospitare colossi dolomitici d'innegabile bellezza (e già questo dovrebbe convincere i più scettici a farci un pensierino!), è l'atmosfera fuori dal tempo che si respira addentrandosi fra le sue impervie stradine, inaspettati musei a cielo aperto dove perdersi tra botteghe storiche, imponenti tabià e raffinate abitazioni d'impronta veneziana (due su tutte: l'elegante Casa Sommariva "Ciori" e il settecentesco Palazzo Scussel-Mok, entrambi di proprietà di facoltosi notabili locali), testimonianza del lungo periodo di benessere economico vissuto dal paese sotto il dominio della Serenissima.

L'elegante Casa Sommariva "Ciori", una delle più antiche della zona;
alle sue spalle, la cinquecentesca chiesuola intitolata a San Francesco d'Assisi

2) Per ammirare inestimabili tesori d'arte custoditi all'interno di chiese e cappelle dalla storia centenaria

Terra d'origine di Andrea Brustolon, scultore barocco definito da Honoré de Balzac "Il Michelangelo del legno", la Val di Zoldo ospita moltissime chiesette, sparse qua e là tra le sue verdeggianti frazioni e visitabili, con un po' di fortuna, praticamente in tutti i periodi dell'anno. Parlando nello specifico del comune di Forno, imperdibili per gli appassionati di arte sacra sono la graziosa cappella dedicata a San Francesco d'Assisi, situata nel cuore del paese e abbellita da due grossi affreschi realizzati da un pittore sconosciuto nella prima metà del Cinquecento e, poco al di fuori del centro storico, l'elegante parrocchiale intitolata a Sant'Antonio Abate, al cui interno sono custoditi tre magnifici altari lignei opera di Jacopo Costantini e Giovanni Auregne.
Spostandoci in località Pieve, a catturare l'attenzione col suo slanciato campaniletto è invece l'Arcipretale di San Floriano, edificio di culto più antico di tutta la vallata - pare infatti che la sua fondazione risalga al X secolo, anche se fu consacrato soltanto nel 1487 - nonché rara testimonianza di architettura dipinta nel bellunese.
Consigliatissima, infine, una visita alle chiesuole di Astragal, ColcerverPralongo e Sommariva, veri e propri scrigni di bellezza e spiritualità sopravvissuti sino ai giorni nostri unicamente grazie all'amore e alle generose donazioni dei propri fedeli.

Splendido scorcio di Forno di Zoldo dalla strada per la Val Prampèr;
al centro della foto, la minuta parrocchiale di Sant'Antonio Abate

3) Per scoprire il significato dell'antico detto locale "Negùn fèa ben ciòdi come in Zoldo!"

Oltre ad un patrimonio architettonico d'inestimabile valore, Forno di Zoldo vanta altre due antichissime tradizioni: quella del gelato artigianale, che proprio da questo paesino all'ombra di Pelmo e Civetta fu esportata in Europa e nel resto del mondo sul finire dell'Ottocento, e quella dell'estrazione e della lavorazione del ferro, che affonda invece le sue radici nella seconda metà del XIV secolo.
Se per farsi un'idea della prima basta accomodarsi ad uno dei tavolini esterni della storica Gelateria Centrale e ordinare una gustosissima coppetta, per comprendere al meglio in cosa consistesse il mestiere di ciodaròt e come si svolgesse una sua giornata tipo, è necessario visitare l'interessante Museo del Ferro e del Chiodo, allestito negli spazi del seicentesco Palazzo del Capitaniato - da "capitanio", ovvero colui che era incaricato, ai tempi della Repubblica di Venezia, dell'amministrazione dell'ordine pubblico in territorio zoldano - e dedicato a Giovanni e Andrea Angelini, autori di numerosi studi sullo sviluppo dell'industria metallurgica locale.
Inaugurato nel 2004, il museo ospita una ricca collezione di armi da taglioutensili in ferro, chiodi e brocche da scarpe, realizzati da fabbri specializzati all'interno di apposite officine, le cosiddette fusinèle, dislocate lungo tutto il corso del torrente Maè (la forza idraulica era infatti indispensabile al funzionamento dei forni fusori) e proprio da quest'ultimo spazzate via durante le alluvioni del 1890 e del 1966.

Il portico del Palazzo del Capitaniato, sede del "Museo del Ferro e del Chiodo"

4) Per perdersi nel silenzio della Val Prampèr

Soggiornare a Forno di Zoldo e non dedicare almeno una giornata alla Val Prampèr, è un po' come venire a Roma e non visitare Piazza San Pietro: un sacrilegio.
Delimitata dall'elegante gruppo Mezzodì-Prampèr e dalle frastagliate cime del San Sebastiano-Tamèr, esistono due modi per raggiungere l'imbocco di questa idilliaca valletta d'origine glaciale: incamminandosi dalla località Baròn a Forno e seguendo le indicazioni per la Casera de Mezodì prima e per il Pian de la Fòpa poi (segnavia 534-525), oppure percorrendo in macchina la stretta rotabile - in parte asfaltata ed in parte sterrata - che dalla località Sant'Antonio s'inerpica nel bosco fino a sbucare in prossimità del Giaròn de la Fòpa (uno dei più imponenti ghiaioni del bellunese), da cui è possibile proseguire soltanto a piedi o, nei mesi estivi, in bus navetta.
Qualunque strada voi scegliate, a circondarvi una volta superata la splendida radura del Pian dei Palùi, saranno prati sconfinati, spettacolari picchi rocciosi e pini mughi a perdita d'occhio, cornice naturale perfetta per chiunque ami intraprendere le sue escursioni in montagna nel silenzio e nella solitudine più totali (agli appassionati di formaggi, poi, consiglio una sosta alla ridente Malga Prampér, posto tappa, assieme al Rifugio Sommariva al Pramperét, di ben tre alte vie dolomitiche).

L'incantevole Malga Prampèr, meta imperdibile per chi visita la Val di Zoldo

5) Per percorrere l'Anello Zoldano

Concepito nei primi anni Ottanta da Paolo Bonetti e Paolo Lazzarin, già autori di interessanti pubblicazioni sulle Dolomiti, l'Anello Zoldano è un'entusiasmante alta via in sei tappe che, partendo dalla località Le Bócole a Forno di Zoldo e ricalcando per la maggior parte sentieri e mulattiere preesistenti, consente di aggirare in senso orario gli straordinari gruppi montuosi che delimitano la vallata, senza mai superare i duemila metri di quota e le 5/6 ore di marcia giornaliere (ad eccezione che nella tappa dal Passo Duràn al Rifugio Coldai, in assoluto la più dura di tutto l'anello).
Per chi non fosse in grado di affrontare una simile traversata, che richiede comunque buone gambe e una discreta confidenza con gli ambienti d'alta montagna, esiste una versione ridotta del percorso, denominata "Piccolo Anello Zoldano" e completabile in circa dieci ore di cammino senza soste, che collega gli abitati di Forno e Zoppè di Cadore attraversando faggete secolari e antichi villaggi ormai disabitati: un'ottima occasione per approfondire aspetti culturali e curiosità storiche di un territorio da sempre vocato al rispetto della natura e delle tradizioni.

La Catena del San Sebastiano vista dal Passo Duràn, seconda tappa dell'Anello Zoldano

6) Per seguire le orme della romanziera Amelia Edwards ed imbattersi così in meravigliosi laghetti immersi nel bosco

Tra i sensazionali trekking a tappe che attraversano il territorio zoldano, ce n'è uno non ancora molto conosciuto, progettato qualche anno fa dai fratelli inglesi Alan e Susan Boyle lasciandosi ispirare dagli avvincenti racconti di viaggio di quella che è considerata, a ragione, una delle prime pioniere donne delle nostre Dolomiti: sto parlando dell'AVAmelia, affascinante alta via dalla lunghezza complessiva superiore ai 400 km, dedicata alla figura della romanziera Amelia Edwards, protagonista, nell'estate del 1872, di un'incredibile avventura a piedi che la portò ad attraversare alcune delle valli più impervie del bellunese, raggiungendo piccoli borghi spersi tra i monti e cime rocciose che mai nessuno, fino ad allora, era riuscito a conquistare.
Pur non rientrando nel tracciato originario del percorso, che collega Cortina a Siusi attraversando alcuni dei maggiori sistemi dolomitici, irrinunciabile per chi decide di seguire le orme di questa intrepida esploratrice d'altri tempi è una deviazione al suggestivo laghetto "Al Vach", fiore all'occhiello della Val Barance - una laterale della Val di Zoldo - raggiungibile sia dalla frazione di Pralongo (segnavia 524), sia dalla poco distante Baita Angelini, uno dei bivacchi più belli della zona.

L'affascinante laghetto Al Vach, fiore all'occhiello della Val Barance

7) Per sfidare le vertigini lungo il "Triòl del Camillo"

Dedicato alla figura di Camillo Zanolli, fondista olimpionico di origini zoldane che per anni si è occupato della sua manutenzione, il "Triòl del Camillo" è un breve - ma super panoramico! - sentiero naturalistico ad anello che si snoda al cospetto dei monti Castelìn e Castelàz, propaggini occidentali della catena del Bosconero visibili percorrendo la strada provinciale che collega Forno di Zoldo a Longarone.
Attrezzato con cartelli e tabelle orientative indicanti le principali specie botaniche e faunistiche della zona, l'itinerario ha inizio alle spalle dell'ex Hotel Corinna (per la precisione in località "I Ciompi") e, pur non toccando mai quote particolarmente elevate, consente di ammirare bellissimi scorci sia sulle numerose frazioni adagiate a fondovalle, sia sulle dentellate creste rocciose che svettano tutt'intorno.
Tappa intermedia del percorso, affrontabile in circa tre ore di cammino ad andatura normale (ma ho visto persone completarlo - di corsa! - in neppure 1/5 del tempo), la deliziosa Casèra del Fagarè, minuscola baita adibita in passato a ricovero per pastori, perfetta per una sosta mangereccia prima di intraprendere l'unico tratto esposto di tutto l'anello, quello cioè che, rasentando impressionanti pareti di dolomia, scende dritto sino alla spettrale Casèra Pra de Val, da cui non bisogna far altro che seguire il segnavia 489 per ritornare al punto di partenza dell'escursione.

ATTENZIONE!
In seguito alla forte ondata di maltempo che ha colpito la Val di Zoldo nel dicembre del 2020, il tratto iniziale del sentiero risulta al momento impraticabile.

Un tratto particolarmente aereo del sentiero naturalistico "Triol del Camillo"

8) Per trascorrere una notte al Rifugio Bosconero

Costruito sui resti di un'antica casèra abbandonata, utilizzata per anni come bivacco da alpinisti e scalatori impegnati nella conquista delle vertiginose crode circostanti (tutte superiori ai duemila metri d'altezza!), il Rifugio Bosconero è un'accogliente struttura in pietra e legno posta lungo il tracciato dell'Alta Via 3 delle Dolomiti, nel cuore di uno dei gruppi più selvaggi della Val di Zoldo, da cui prende il nome.
Accessibile esclusivamente a piedi, esistono tre modi diversi per raggiungere l'isolata radura prativa dove sorge l'edificio: partendo dal parcheggio del lago di Pontesèi ed inerpicandosi su per la scoscesa Val de Bosconero (segnavia 490, più diretto, o 485, più lungo); incamminandosi dalla poc'anzi citata località "I Ciompi" e proseguendo sempre dritti in direzione Casèra del Mugòn (segnavia 491, poi 490); lasciando la macchina al Passo Cibiana e percorrendo l'ultimo tratto dell'Anello Zoldano, o una delle sue varianti, fino ad intercettare il sentiero proveniente dal rifugio.
Se poi una volta in cima foste troppo stanchi per tornare indietro o voleste provare l'ebbrezza di trascorrere una notte a quota 1.457 metri, vi basterà chiedere ai gestori di prepararvi un letto - e perché no, anche una bella porzione di pastìn e polenta! - per dimenticare all'istante la fatica appena fatta.

Il Rifugio Casèra Bosconero (1.475 metri s.l.m.)

9) Per salire in cima... all'ombelico di Zoldo!

Raggiungibile tramite un ripido sentiero nel bosco con partenza dal pittoresco borgo di Costa, lo Spiz de Pònta - o Monte Punta che dir si voglia! - è in assoluto una delle cime più belle che io abbia mai conquistato in anni e anni di escursioni dolomitiche.
Pur facendo parte dei rilievi "minori" della Val di Zoldo, per via della sua altezza - appena 1.952 metri contro, ad esempio, gli oltre tremila di Pelmo e Civetta - e della relativa facilità dei sentieri che si arrampicano lungo i suoi rigogliosi versanti, salire quassù e ritrovarsi circondati da valli e montagne a perdita d'occhio (oltre che sullo Zoldano, la vista spazia infatti su tutte le principali vette del Cadore e della Conca Ampezzana), è un'emozione che pochi luoghi sanno regalare, nonché un'occasione unica per toccare con mano trincee, fortificazioni militari e postazioni d'artiglieria realizzate dai soldati italiani ai tempi della Grande Guerra.

Il Pelmo e il suo immancabile cappello di nubi immortalati dallo Spiz de Pònta

10) Per affacciarsi da uno dei balconi panoramici più mozzafiato delle Dolomiti

Spartiacque naturale tra Val di Zoldo e Valle del Boite, il Monte Rite rappresenta la massima elevazione di una catena montuosa che si erge a nord dell'abitato di Forno di Zoldo e che comprende, oltre allo Spiz de Pònta, anche le boscose dorsali del Col Dur, del Col Alto e dello Spiz Zuèl. Accessibile sia a piedi che in navetta partendo dal valico di Passo Cibiana, la cima del Rite ospitava, ai tempi del primo conflitto mondiale, una batteria di 4 cannoni con cupole corazzate girevoli, una caserma per gli artiglieri e una per i soldati di guardia, un pozzo adibito ad osservatorio e diversi magazzini, realizzati dal Genio Militare italiano in previsione di un possibile scontro con l'Impero Austro-Ungarico; quando la guerra scoppiò, la linea del fronte fu però spostata sulle Tofane, rendendo di fatto inutile l'imponente apparato difensivo della cosiddetta "Fortezza Cadore-Maè", le cui postazioni vennero incendiate, sabotate e quindi abbandonate in mano al nemico in seguito alla battaglia di Caporetto.
Oggi, quella che all'epoca era una caserma è diventata un rifugio, mentre negli spazi interni del sovrastante edificio, situato a quota 2.183 metri, è stato allestito un museo dedicato alla storia dell'alpinismo dolomitico; ma la vera attrazione del posto, che vale da sola le due ore di cammino necessarie a raggiungere il forte, è senza dubbio l'eccezionale balcone panoramico posizionato a ridosso della struttura, affacciandosi dal quale è possibile ammirare e riconoscere, grazie ai nomi scritti in bassorilievo sul parapetto, lo sterminato mare di rilievi che abbracciano la zona.

Sorapiss, Antelao e Marmarole visti dalla sommità del Monte Rite

INFORMAZIONI PRATICHE:

Esistono diversi modi per raggiungere Forno di Zoldo in macchina. Per chi viene da nord, ad esempio da Cortina, basta percorrere la SS 51 in direzione Passo Cibiana e una volta qui proseguire lungo la SP 347 fino ad incrociare la provinciale della Val di Zoldo e Val Cellina; per chi come me viene invece da sud, lo svincolo autostradale di riferimento è quello di Pian di Vedoia, l'ultimo dell'A27 partendo da Mestre.
In alternativa, è possibile usufruire della comoda linea di bus che collega le stazioni ferroviarie di Belluno e Longarone alla valle, oppure approfittare degli aeroporti internazionali di Venezia e Treviso, entrambi serviti da note compagnie low-cost.

Mappa di Forno di Zoldo (© OpenStreetMap)

8 commenti:

  1. adoro la Val di Zoldo perchè è rimasta ancora intatta e lontana dal turismo di massa che affligge altre zone delle Dolomiti. Speriamo rimanga così!

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    1. Esatto, che sensazione meravigliosa camminare nel bosco e non incontrare nessuno! Ci tornerei domani tanto mi è piaciuta, tu che abiti così vicino approfittane! :-)

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  2. sarebbe stupendo poter vivere in questo incanto

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    1. Eh già, Fabrizio, piacerebbe tanto anche a me! ;-)

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    1. Ho scritto solo la verità! Grazie a te per avermi lasciato questo bel commento :-)

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  4. Che belli i tuoi reportage! Adoro la montagna ed ora che andrò in pensione, vorrei...siii.. anche se la "paura" di lasciare la città e cambiare vita.... mi sono molto utili le tue osservazioni....mi serve un briciolo di coraggio per convincere definitivamente mio marito, appassionato più di me.....

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    1. Beh, già il fatto che siate entrambi appassionati è un buonissimo inizio... io se fossi in pensione non ci penserei due volte a cambiare vita, tant'è che sto convincendo anche i miei genitori a partire tutti insieme ;-)
      Ti ringrazio per le belle parole, fa sempre piacere leggere commenti positivi... e se dovessi avere bisogno di qualche dritta sulla Val di Zoldo scrivimi pure, sono a disposizione! Buon pomeriggio! :-)

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