lunedì 22 febbraio 2021

ESPLORANDO LA RISERVA NATURALE MONTE CATILLO, OASI VERDE ALLE PORTE DI TIVOLI

Interamente racchiusa nel territorio comunale di Tivoli, cittadina laziale tra le più conosciute dell'hinterland capitolino, la Riserva Naturale di Monte Catillo è una sorprendente area protetta dalla superficie superiore ai 1.300 ettari, compresa fra la Valle dell'Aniene ed i primi rilievi dell'Appennino centrale, di cui costituisce una sorta di appendice. Istituita nel 1997 per salvaguardare specie botaniche rarissime su scala nazionale, camminare qui, alle falde di soleggiate rupi calcaree o lungo sentieri tracciati all'ombra di intricati querceti secolari, è un'esperienza che chiunque ami la montagna - e desideri al contempo fare un tuffo nel passato, ripercorrendo le orme di viaggiatori e letterati d'antan - dovrebbe vivere almeno una volta nella vita.
Ecco dunque qualche consiglio per scoprire scorci insoliti e angoli nascosti di questa piccola oasi verde distante appena quaranta minuti di macchina da Roma, un luogo dove io stessa non ero mai stata prima dello scorso autunno e che non vedo l'ora di tornare ad esplorare nella bella stagione. Cartina alla mano e via, cominciamo!  😉

Benvenuti nella Riserva Naturale Monte Catillo!

Attraversata da una fitta rete sentieristica, ottimamente segnata dalla sezione locale del CAI, esistono due modi per accedere alla riserva: parcheggiando nelle vicinanze del novecentesco Arco di Quintiliolo - posti auto disponibili: circa una quindicina - e risalendo via Catillo prima e via Don Nello del Raso poi (il segnavia da seguire è il numero 330, coincidente nella sua parte iniziale con la cosiddetta "Via dei Lupi", un interessante trekking a tappe che si snoda da Tivoli al borgo abruzzese di Civitella Alfedena), oppure continuando dritti lungo la provinciale per Marcellina fino a raggiungere il piazzale d'ingresso all'Hotel Torre Sant'Angelo, alle spalle del quale un tabellone informativo in legno ci illustra non soltanto i principali percorsi della zona, ma anche eventuali aree pic-nic, punti panoramici, fontanili d'acqua potabile e siti archeologici dislocati all'interno del parco.

Tabellone informativo posto in corrispondenza di uno dei due ingressi all'area protetta

Qualora decidiate di intraprendere un itinerario ad anello scegliendo come punto di partenza il monumento dedicato alla Madonna di Quintiliolo, che a dispetto del suo nome così latineggiante non ha nulla a che vedere con gli antichi Romani, mettete in conto almeno 3 ore e 30 di cammino, perché se è vero che a guardarlo dal basso il Monte Catillo sembra non riservare particolari sorprese, parliamo comunque di 500 metri di dislivello spalmati su 10 km di terreni accidentati e discreti saliscendi: una passeggiata tutto sommato semplice per chi è abituato ad andare in montagna, che potrebbe però rivelarsi insidiosa per un escursionista inesperto o fuori allenamento.

Il massiccio Arco di Quintiliolo e, alle sue spalle, la cittadina di Tivoli

Affrontato un breve ma ripido tratto su asfalto, infatti, a darci un'anticipazione delle difficoltà che incontreremo lungo la prima metà del giro è un sentiero a mezzacosta parzialmente intagliato nella roccia, ai lati del quale si susseguono pini marittimi, alberi di Giuda e altri arbusti tipici delle regioni centro-appenniniche: una diversità botanica a dir poco incredibile, considerate la totale assenza di una rete idrografica superficiale e la conseguente aridità del suolo, che trova tuttavia spiegazione in un clima mitigato per gran parte dell'anno dall'influenza tirrenica.

Un tratto particolarmente aereo dell'anello del Monte Catillo

Man mano che si sale, la vista sullo sperone tufaceo che ospita i resti dell'Acropoli Tiburtina si fa sempre più vertiginosa, e basta puntare la fotocamera in direzione della città per distinguere in un colpo solo l'elegante porticato del Tempio di Vesta, l'adiacente - seppur non altrettanto ben conservato - Tempio della Sibilla e al di sotto dei due edifici, riconvertiti in luoghi di culto cristiani nel corso del Medioevo, l'impressionante baratro creato dalla cascata del fiume Aniene, attrazione simbolo di Villa Gregoriana nonché secondo salto d'acqua artificiale per altezza in Italia.

Panorama sull'Acropoli Tiburtina e sulla verdeggiante Villa Gregoriana

Giunti in prossimità di un campo sportivo ormai in disuso, una stradina sterrata sulla sinistra (non segnalata da cartelli, ma facilmente intuibile prestando attenzione alla vegetazione calpestata) ci offre l'opportunità di abbandonare per qualche istante il tracciato principale ed effettuare una fugace deviazione alla croce di vetta del Monte Catillo, che coi suoi modesti 612 metri di quota rappresenta uno straordinario punto d'osservazione sia sulla riserva, sia sulla vicina cresta del Monte Sterparo, altra meta frequentatissima dagli appassionati di trekking e di mountain bike.

Il Monte Catillo e la sua croce di vetta fotografati dal sentiero 330

Tornati rapidamente sui nostri passi, ci incamminiamo quindi lungo un verdeggiante crinale, punteggiato qua e là da cespugli di ginestre e formazioni di natura calcarea affioranti dal terreno. Il tempo di raggiungere una piccola sella erbosa e riposare un po' le gambe all'ombra di una meravigliosa quercia monumentale (sarei rimasta ore seduta lì, a scrutare l'orizzonte cullata soltanto dal rumore del vento tra le foglie!) e si riparte, stavolta con destinazione Sughereta di Serevitola, in assoluto l'ambiente più stupefacente - e più vulnerabile - dell'intera area protetta.

Panchina con vista su Tivoli e sulla periferia est di Roma

Ridotta ormai ad una manciata di ettari per via dei frequenti incendi e del dilagante fenomeno del pascolo abusivo, ciò che rende speciale questo biotopo, oltre alla sua conclamata antichità (secondo lo studioso Franco Sciarretta, autore di diversi testi dedicati al territorio di Tivoli, i nomi utilizzati in età medievale per descrivere il sito deriverebbero tutti dal latino suber, che significa proprio "quercia da sughero", e tale coincidenza ne confermerebbe la formazione in un'epoca storica di molti secoli precedente), è il contrasto fra specie originarie del Mediterraneo occidentale, quale per l'appunto la sughera - anche se non mancano esemplari di castagno selvatico, cerro e roverella! - e arbusti diffusi nei Balcani orientali come lo storace, un piccolo albero dai delicatissimi fiori bianchi le cui proprietà balsamiche e medicinali erano note addirittura ai Fenici. Il risultato? Un frammento forestale talmente variegato, ombroso e fitto da ricordare alcuni dipinti di Caspar David Friedrich.

Esplorando la Sughereta di Serevitola

Osservando da vicino il tronco delle tante querce che costellano il bosco, salta subito all'occhio il gioco di linee, pori e fessure creato dal sughero, un tessuto secondario di protezione fondamentale per la pianta grazie alla presenza tra le sue maglie di una sostanza organica detta "suberina", che inibendo il passaggio di gas e di liquidi nella corteccia la rende di fatto resistente all'usura e a diversi tipi di batteri (lo sapevate?).

Dettaglio della corteccia di un esemplare secolare di quercia da sughero

Attraversata la sughereta, sbuchiamo pertanto su uno splendido prato, ai margini del quale una rudimentale staccionata in legno ci "avvisa" che stiamo camminando in un'area frequentata da animali allo stato brado, e bastano in effetti una manciata di passi per scorgere una coppia di cavalli intenta a spiluccare ciuffi d'erba fresca.

Rudimentale staccionata in legno situata all'uscita della sughereta

Oltrepassato il cancelletto, quello che fino a questo momento si era presentato come un agevole sentiero immerso nel verde, si trasforma in un vero e proprio zig-zag tra doline, campi solcati e altri interessanti fenomeni di erosione carsica: inizia così la conquista della pietrosa dorsale del Monte Giorgio, il cui substrato geologico è costituito da rocce mesozoiche di origine sedimentaria formatesi milioni di anni fa.

Tipico esempio di "campo solcato" ammirabile risalendo la pietrosa dorsale del Monte Giorgio

Volgendo lo sguardo alla nostra destra, il panorama spazia dalle principali vette dei Monti Lucretili a quelle meno note dei Monti Lepini, passando per gli abitati di Castel Madama (al centro della foto) e di Ciciliano, ai piedi dei quali si stende uno dei lembi di Campagna romana più immortalati dall'Ottocento ad oggi.
A fare capolino sullo sfondo, riconoscibili dal sottile strato di neve che ne ricopre la cima, sono invece le celeberrime Montagne della Duchessa, spartiacque naturale tra la provincia reatina e quella aquilana dichiarate addirittura, per la bellezza di alcuni loro habitat, "Sito di Importanza Comunitaria".

L'abitato di Castel Madama immortalato da uno dei tanti belvedere della riserva

Guidati dalle consuete bandierine bianco-rosse del CAI, disseminate in maniera a dir poco impeccabile lungo l'intero tragitto, aggiriamo con facilità anche il versante orientale di Colle Piano (598 metri), alternando tratti semipianeggianti a salite brevi ma leggermente più "esposte" (nulla comunque di pericoloso o troppo faticoso).

Un tratto del sentiero che costeggia il versante orientale di Colle Piano

Ancora una volta, è l'eccezionale varietà di specie vegetali di cui sono ammantati i rilievi circostanti a lasciare a bocca aperta: si passa infatti dal costeggiare intricate garighe - formazioni cespugliose tipiche dei terreni rupestri, costituite da arbusti sempreverdi e piante aromatiche di vario genere - e prati ricoperti di eriche e cisti, all'addentrarsi in rigogliose foreste di cerro, ecosistema principe della riserva assieme alla già citata sughereta di Serevitola.

Suggestiva fascia boscata a metà strada tra il Colle Piano e il Colle dei Travi

Giunti in località Colle dei Travi, un pannello segnaletico con sopra stampata una cartina ci pone improvvisamente di fronte ad un bivio: piegare a destra e proseguire lungo il sentiero 330 in direzione Colle Lucco - San Polo dei Cavalieri (portando in tal modo a termine la prima tappa della famigerata Via dei Lupi), oppure svoltare a sinistra e rientrare a Tivoli percorrendo i sentieri 334 e 331?

Indicazioni in località Colle dei Travi

Spinti dalla curiosità di ammirare una vera cisterna romana, segnalata sulla mappa con tre puntini neri allineati a formare un triangolo, optiamo senza esitazione per il sentiero 334, ignorando le indicazioni per l'area pic-nic intitolata alla memoria di Vincenzo Franchi (allevatore storico della zona, nonché profondo conoscitore dei Monti Tiburtini) e ritrovandoci in breve al cospetto di una grossa vasca di raccolta dell'acqua, pertinente con ogni probabilità ad una villa romana ubicata nei paraggi di cui non rimangono purtroppo che alcuni blocchi calcarei squadrati.

Ciò che resta dell'antica cisterna romana situata all'interno della riserva

Superato il sito archeologico, uno dei tanti disseminati all'interno della riserva, il sentiero confluisce quindi in una comoda carrareccia, terminante in prossimità di un crocicchio da cui si diramano, oltre al nostro, ben tre tracciati differenti: quello per il Colle Lecinone, in leggera ma costante pendenza; quello per Tivoli, coincidente secondo i cartelli col tratto iniziale del rinomato Sentiero Coleman, e quello per il Rifugio Fonte Bologna, distante da qui a malapena cinque minuti di cammino.

Meravigliosa area pic-nic in prossimità del Rifugio Fonte Bologna

Circondato da una verdissima area pic-nic, attrezzata con tavoli, panche e griglia per barbecue, l'edificio sorge al culmine di una profonda vallata, ed è affiancato da un recinto per il bestiame, un abbeveratoio in pietra e una cisterna interrata di forma rettangolare che lo fanno assomigliare più ad un casale abbandonato che al classico rifugio di montagna, se a renderlo "attrattivo" non fosse la miriade di passeggiate e gite a cavallo che è possibile effettuare nei suoi boscosi dintorni.

Arrivo al Rifugio Fonte Bologna

Percorso all'indietro il viottolo che ci aveva condotti sui prati di Fonte Bologna, ci avviamo a questo punto lungo uno stradone bianco dal fondo pietroso (il segnavia da seguire è il 331), perdendo gradatamente quota e giungendo in men che non si dica all'ingresso di un enorme recinto per animali, aggirabile, nel caso vogliate evitare di passarci in mezzo, grazie ad un sentierino sopraelevato munito di parapetto.

Recinto per animali in località Fontana Vecchia

Proseguendo la discesa verso Tivoli, a catalizzare lo sguardo con la sua facciata in stile neoclassico è l'imponente Santuario della Madonna di Quintiliolo, che assieme all'attiguo Convento dei Padri Cappuccini domina il colle originariamente occupato dalla villa del console romano Quintilio Varo (da cui il toponimo Quintiliolo).
Immerso nel verde di un bellissimo uliveto centenario, sono molte le leggende che avvolgono l'edificio. Una delle più fantasiose narra che, parecchi secoli fa, mentre era intento ad arare il proprio campo, un contadino notò due dei buoi che lo stavano aiutando fermarsi ed inginocchiarsi di colpo: dalla terra smossa era emersa un'effige della Beata Vergine, la stessa custodita ancora oggi all'interno della chiesa e portata in processione dagli abitanti del posto ogni prima domenica di maggio.

L'imponente Santuario della Madonna di Quintiliolo, uno dei luoghi di culto più belli di Tivoli

Approfondite su una serie di tabelle le vicende storico-geologiche della sottostante Valle dell'Aniene, oggetto negli anni di ripetute trasformazioni da parte dell'uomo (come si evince dalle numerose attività artigianali e industriali proliferate attorno al bacino fluviale), ci rimettiamo dunque in marcia, per raggiungere dopo circa 3 ore di full immersion nella natura il cancello d'uscita dalla riserva.

In marcia verso il cancello d'uscita dalla riserva

INFORMAZIONI TECNICHE:

Punto di partenza/arrivo: Tivoli (RM).
Tappe intermedie: Rifugio Fonte Bologna (sempre aperto).
Segnavia: 330 fino al Colle dei Travi, 334 fino a Fonte Bologna, 331 fino all'Arco di Quintiliolo (stato della segnaletica: ottimo). 
Tempi di percorrenza: 2 ore all'andata, 1 ora e 30 al ritorno.
Lunghezza totale del percorso: circa 10 km.
Difficoltà: nessuna, escluso qualche punto lievemente esposto all'inizio dell'anello.
Escursione effettuata nel mese di: novembre 2020.
Letture consigliate prima di mettersi in cammino: Monte Catillo, Monti Lucretili, Monti Navegna e Cervia. Guida escursionistica, A. Bollati, P. Pitzianti, C. Coronati, Edizioni Il Lupo, 2010; A piedi nel Lazio (volume 2). 113 passeggiate, escursioni e trekking alla scoperta della natura, S. Ardito, Iter Edizioni, 2003 (pp. 248-253); I 50 sentieri più belli del Lazio, S. Ardito, Iter Edizioni, 2013 (pp. 66-67).

Mappa della Riserva Naturale Monte CatilloCittà Metropolitana di Roma Capitale)

2 commenti:

  1. Questa è per intenditori. Una escursione del genere deve essere bellissima.
    Ciao Giorgia!

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    1. In effetti è un giro molto bello, e chi se lo aspettava un posto del genere a due passi da Roma? Se capiti da queste parti metti in lista una visita a Tivoli perché ne vale la pena, non soltanto per la riserva ma pure per le tre splendide ville che ospita... buon fine settimana! :-)

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