Situato sulla sommità di un ripido sperone roccioso, sospeso tra la Valle del Sarca e la sponda settentrionale del Lago di Garda, il Castello di Arco è senza dubbio uno degli edifici storici più conosciuti e visitati dell'intera provincia di Trento.
Menzionato per la prima volta in un documento del 1144, quando faceva parte dei possedimenti dei facoltosi Signori d'Arco, si tratta di un complesso architettonico unico nel suo genere, sia per dimensioni, estendendosi su una superficie di oltre 2 ettari, sia per articolazione, racchiudendo in passato all'interno della sua possente cinta muraria non soltanto un variegato sistema di edifici e fortificazioni, ma pure diverse zone della sottostante cittadina arcense. Se non ci siete ancora mai stati, ecco qualche dritta per organizzare al meglio la vostra visita a questa incantevole dimora nobiliare d'altri tempi... pronti a fare un tuffo nel Medioevo? Allora via, partiamo!
Avendo poche ore a disposizione e temendo di non arrivare in tempo alla biglietteria (la cui chiusura, nei mesi estivi, è fissata alle ore 18.00, quindi attenzione a non sgarrare neppure di un minuto o sarete, ahimè, costretti a tornare indietro), la mia scelta è obbligatoriamente ricaduta sul percorso più rapido, vale a dire quello che dall'elegante Piazza III Novembre conduce, percorrendo per qualche decina di metri la vicina Via del Dosso, sino all'incrocio con il pittoresco Vicolo Scale, da cui si diparte una ripida scalinata in pietra giunti in cima alla quale ha finalmente inizio la passeggiata vera e propria in direzione del castello.
Il tempo di fare pochi passi lungo un bel sentierino acciottolato con vista sui monti e le campagne circostanti e ci ritroviamo a camminare all'ombra di una meravigliosa olivaia, ordinatamente disposta alle pendici della rupe che domina la città grazie ad un sapiente susseguirsi di terrazzamenti sorretti da piccoli muretti a secco.
L'inizio della salita al castello |
Ad accompagnarci lungo la salita, in alcuni punti anche piuttosto ripida, non sono soltanto ulivi secolari, ma pure giganteschi esemplari di agave, profumati alberi di Giuda, colorite macchie di oleandro e rigogliosi cespugli di lavanda e rosa canina, specie notoriamente diffuse nelle regioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo, la cui proliferazione in questa zona del Trentino è dovuta per lo più alla dolcezza del clima e all'influsso mitigatore del vicino Lago di Garda.
Meravigliosa olivaia alle pendici del borgo fortificato di Arco |
Arrivati in prossimità del cosiddetto Belvedere della Costa, balconcino di vetro a sbalzo nel vuoto dal quale individuare, grazie all'aiuto di tre dettagliati pannelli informativi, i monumenti principali della città, a catalizzare lo sguardo con il suo caratteristico profilo "inclinato" è però il Monte Brione, spartiacque naturale fra gli abitati di Torbole (alla sua sinistra) e Riva del Garda (alla sua destra).
Vista sulla città di Arco dal Belvedere della Costa; al centro della foto, l'inconfondibile profilo "inclinato" del Monte Brione |
Affrontata l'ultima temibile rampa prima di varcare l'antico portale d'ingresso al borgo fortificato, abbiamo a questo punto due possibilità: fermarci a riprendere fiato sul verdeggiante Prato della Lizza, attorniati da svettanti cipressi e da una vista a 180° sulla piana di Arco, oppure proseguire, superando un altro paio di tornanti in salita, sino a raggiungere il piccolo edificio che ospita bookshop e biglietteria.
L'ultima temibile rampa prima di varcare il portale d'ingresso al castello |
Giunti a circa metà della stradina selciata che porta al castello, una breve deviazione sulla destra conduce all'inquietante Prigione del Sasso, angusta cavità ricavata nella roccia all'interno della quale fu imprigionato, a causa di aspri conflitti politici e per volontà del fratello Francesco I, il celeberrimo conte Galeazzo d’Arco, salito alla ribalta delle cronache qualche anno fa in seguito all'annuncio del proprietario di Castel Coira (bellissimo maniero situato a Sluderno, in Alta Val Venosta) di voler mettere in vendita uno dei pezzi più preziosi della sua collezione di armature, forgiato attorno alla metà del XV secolo proprio in onore del nobile arcense.
Oltre alle dimensioni a dir poco claustrofobiche dei suoi interni, ciò che salta subito all'occhio oltrepassata la soglia di questa minuscola cella sotterranea, sono i tanti segni incisi sulle pareti forse da qualche recluso di epoche passate in attesa di liberazione, mentre voltando le spalle all'unica finestrella presente, a catturare l'attenzione è una curiosa fessura a forma di "L", utilizzata dalle guardie carcerarie per consegnare il cibo ai prigionieri senza doverne ogni volta aprire la porta.
Gli angusti interni della prigione; sulla destra, una nicchia ospitava dei rudimentali servizi igienici |
Riemersi dall'oscurità della prigione, percorriamo così gli ultimi metri in salita che ci separano dalla biglietteria, accompagnati per tutto il tragitto dall'elegante profilo merlato della Torre Grande, simbolo del castello e della stessa città di Arco.
Raggiunto il piccolo spiazzale erboso adiacente all'edificio, circondato dai ruderi di quello che un tempo doveva essere un bellissimo e sfarzosissimo palazzo signorile, una tabella informativa ci indirizza finalmente verso l'imbocco del cosiddetto "Sentiero delle Torri", breve ma affascinante itinerario ad anello lungo il quale ammirare non soltanto, come dice il nome stesso, alcune delle torri anticamente poste a guardia del borgo, ma pure ciò che resta dell'originario nucleo abitativo, assediato e costretto alla resa nel 1703 dalle truppe francesi del generale Vendôme.
Tabella informativa posta all'inizio del "Sentiero delle Torri" |
Prima di questa data, che segnò l'inizio del suo lento declino, il castello di Arco si presentava come una sorta di piccolo villaggio fortificato, brulicante di persone e di edifici destinati allo svolgimento delle più svariate attività commerciali. A fare da cornice alla maestosa Torre Grande, visibile praticamente da ogni punto del Garda Settentrionale, c'erano infatti granai, botteghe artigiane, cisterne per l'acqua (ne sono state contate tre), forni per il pane, abitazioni riservate a soldati e servitori, prigioni sotterranee, strabilianti giardini porticati e persino una graziosa chiesetta, costruzioni quasi del tutto cancellate dallo scorrere dei secoli, ma rese immortali da uno splendido acquerello quattrocentesco dell'artista tedesco Albrecht Dürer.
Ruderi di antichi edifici circondano la Torre Grande |
Soltanto una volta al suo cospetto ci si rende conto che, pur essendosi conservata in ottime condizioni su tre lati, anche la Torre Grande risulta in realtà mancante di un "pezzo": si tratta della facciata di retro, costruita probabilmente in legno o in altri materiali meno resistenti della pietra, e proprio per questo crollata in seguito alle devastazioni messe in atto dagli uomini del Vendôme.
La Torre Grande vista dall'interno |
Voltando le spalle alla torre, una porticina ci catapulta improvvisamente all'interno di una meravigliosa stanza affrescata, riaffiorata per caso nel 1986 durante alcuni necessari interventi di restauro ed impreziosita da brillanti scene cavalleresche e di vita cortese attribuite al talento pittorico dell'anonimo Maestro di Arco.
Conosciuta anche come "Stuetta" per via del piccolo camino che pare ne occupasse una delle pareti, fu proprio qui, tra damine intente a confezionare ghirlande di fiori, cavalieri in partenza per la guerra ed altri personaggi impegnati in sfide a scacchi, dadi e filetto, che morì dopo anni di prigionia il sopracitato conte Galeazzo d'Arco, nello stesso ambiente dove nobili e cortigiani erano soliti riunirsi per i pasti o per trascorrere il loro tempo libero cimentandosi in avvincenti giochi da tavolo.
Conosciuta anche come "Stuetta" per via del piccolo camino che pare ne occupasse una delle pareti, fu proprio qui, tra damine intente a confezionare ghirlande di fiori, cavalieri in partenza per la guerra ed altri personaggi impegnati in sfide a scacchi, dadi e filetto, che morì dopo anni di prigionia il sopracitato conte Galeazzo d'Arco, nello stesso ambiente dove nobili e cortigiani erano soliti riunirsi per i pasti o per trascorrere il loro tempo libero cimentandosi in avvincenti giochi da tavolo.
Meraviglioso affresco quattrocentesco raffigurante due dame che giocano a scacchi |
Osservati nel dettaglio gli otto strepitosi affreschi superstiti, la nostra passeggiata prosegue quindi in direzione della parte più antica del castello, risalente ai primi decenni del XII secolo ed identificabile con l'imponente Torre Renghera.
Così denominata per via della presenza al suo interno di una campana (in dialetto locale "Renga") utilizzata per chiamare a raccolta la popolazione o per allertarla in caso di pericolo, la torre è oggi accessibile grazie ad una tortuosa scalinata ricavata nella roccia (nulla comunque di così proibitivo, se si pensa che in epoca medievale l'unico modo per raggiungerne l'ingresso, posto a ben 7 metri di altezza dal suolo, era quello di arrampicarsi su una instabile scala a pioli!), dalla cima della quale è possibile godere di una spettacolare vista a 360° sia sulla Bassa Valle del Sarca che sui frastagliati gruppi montuosi che incorniciano gli abitati di Arco e Bolognano.
Arrivo alla Torre Renghera, punto più alto del castello di Arco |
Visitato ciò che resta dell'antico mastio, circondato da una cinta muraria a sé stante (il cosiddetto "rivellino") comprendente al suo interno anche i ruderi di una piccola cisterna per l'acqua, un vialetto asfaltato in ripida discesa ci accompagna attraverso un ombreggiato bosco di lecci, utilizzato secondo diverse fonti storiche dai Conti d'Arco per catturare, e successivamente addestrare all'arte della falconeria, falchi, sparvieri ed altre specie di rapaci stanziate nella zona.
Veduta di Arco dalla stradina per la Torre Renghera |
Neppure 10 minuti di piacevole passeggiata nel bosco ed ecco stagliarsi di fronte a noi il massiccio profilo della Torre di Guarda verso Làghel, unica torre superstite delle tre che in antichità presidiavano il versante occidentale della rupe di Arco.
Ciò che resta dell'antica Torre di Guarda verso Làghel |
Affacciandosi da quassù, la vista spazia in ben tre direzioni diverse (nord, ovest e sud), regalando favolosi colpo d'occhio sia sulle vicine pareti rocciose del Monte Collodri, vero e proprio paradiso per gli appassionati di arrampicata e vie ferrate, che sulle famose ma più distanti Marocche di Dro, spettacolare biotopo a carattere arido formatosi circa 20.000 anni fa in seguito a frane di origine post-glaciale.
Raggiunta di nuovo la biglietteria, basta percorrere a ritroso il sentiero dell'andata per ritornare in circa mezz'ora al punto di partenza della nostra escursione.
Raggiunta di nuovo la biglietteria, basta percorrere a ritroso il sentiero dell'andata per ritornare in circa mezz'ora al punto di partenza della nostra escursione.
Il Monte Collodri, paradiso per gli appassionati di arrampicata |
INFORMAZIONI PRATICHE:
Il Castello di Arco si trova in Trentino, a 5 km dal Lago di Garda e a poco meno di 20 dal casello autostradale Rovereto Sud, ed è visitabile da aprile a settembre dalle 10.00 alle 19.00, da ottobre a marzo dalle 10.00 alle 16.00 e nel mese di gennaio solo il sabato e la domenica; il costo del biglietto d'ingresso è di 3.50 € (gratuito per i bambini fino ai 12 anni, ridotto a 2 € per ragazzi fino ai 18 anni e over 65) ed include la visita all'antico borgo fortificato, alle tre torri superstiti e alla stanza cosiddetta "della Stuetta" (sia l'olivaia che il Prato della Lizza, invece, sono accessibili gratuitamente a tutti). Per maggiori informazioni su visite guidate o eventi speciali organizzati presso il parco del castello, potete contattare il numero 0464/510156 o scrivere una mail all'indirizzo cultura@comune.arco.tn.it.
Veduta di Arco (Albrecht Dürer, 1495) |
Il Castello di Arco è bellissimo e io me ne sono innamorata subito! La sfaticata della salita viene ripagata una volta arrivati a destinazione: una vista meravigliosa su tutta la valle (e lago di Garda compreso) e della visita al castello (compresi i bellissimi affreschi profani: non è neanche da tanto che li hanno aperti al pubblico!).
RispondiEliminaUna visita qui, merita davvero.
Anche a me è piaciuto tantissimo, sia per i paesaggi che mi hanno accompagnata durante tutta la salita, sia per ciò che visto una volta varcato il portale d'ingresso all'antico borgo. Ho sempre avuto un debole per l'arte rinascimentale, ma non immaginavo che mi sarei trovata di fronte a degli affreschi così ben conservati :-) Tu che conosci bene i dintorni di Trento, sapresti consigliarmi altri castelli simili da visitare?
EliminaIn Trentino ti consiglio Castel Stenico nelle Giudicarie (non tanto lontano dalla Val di Ledro) e Castel Thun in Val di Non.Non li ho mai visti ma dalle foto sono una vera meraviglia!
RispondiEliminaInvece nella valle dell'Adige a Trento c'è il Castello del Buonconsiglio con la sua Torre Aquila e gli affreschi legati ai mesi!
Ti rimando al sito così ti fai un'idea. Poi fanno parte dello stesso circuito e quindi puoi fare un'unica card che ti permette di risparmiare! www.buonconsiglio.it
Se capiti a Bolzano, ti stra-consiglio Castel Roncolo: da lì non uscirai più perché tutte le sale sono affrescate con lo stesso stile degli affreschi di Arco!
Ma grazie Katia! Dei castelli che hai nominato, ho visitato finora solo quello del Buonconsiglio, ma essendo passati diversi anni non mi dispiacerebbe affatto tornarci (tra l'altro a casa ho un libricino dedicato proprio al ciclo dei mesi di Torre Aquila, che conservo molto gelosamente!). Su Castel Roncolo, se la memoria non mi inganna, ricordo di aver letto un tuo vecchio post, o sbaglio? Comunque nel dubbio sono andata a googlare e devo dire che hai ragione: è davvero magnifico, sia fuori che dentro ;-)
Elimina