mercoledì 12 giugno 2019

ESCURSIONE AL RIFUGIO CITTÀ DI FIUME, PARADISO AI PIEDI DEL MONTE PELMO

Provvidenziale punto d'appoggio per gli escursionisti impegnati a percorrere la Via Alpina o l'Alta Via 1 delle Dolomiti, il Rifugio Città di Fiume è senza dubbio la meta perfetta per coloro che, dopo essersi "sgranchiti le gambe" in Val Civetta, abbiano voglia di ammirare da vicino anche l'altra montagna simbolo delle Dolomiti Bellunesi, ovvero il colossale Monte Pelmo.
Appartenente al territorio comunale di Borca di Cadore, esistono diversi modi per arrivare quassù, alcuni più brevi e altri più lunghi, ma tutti accomunati dal fatto di svolgersi in ambienti naturali di straordinaria bellezza. Un itinerario in particolare consente di conquistare il rifugio senza dover affrontare salite impervie o sentieri troppo esposti, ed è quello che, partendo dal Passo Staulanza, conduce in poco meno di due ore di cammino sino alle pendici del verdeggiante Col de la Puìna (dove sorge l'edificio), regalando favolosi colpi d'occhio non soltanto sulla possente parete nord del "Caregón del Padreterno", com'è soprannominato in dialetto locale il Pelmo, ma pure sugli altri gruppi montuosi che si ergono nei suoi dintorni.
Se avete un debole per i paesaggi lunari, venite con me... ne vedrete di stupendi! 🌄

Il Rifugio Città di Fiume, straordinario balcone panoramico sul Pelmo e sulle altre cime che
circondano la Val Fiorentina

La nostra escursione ha inizio dal caratteristico Rifugio Passo Staulanza (1.783 metri s.l.m.), raggiungibile sia dalla Val Fiorentina che dalla Val di Zoldo percorrendo la Strada Provinciale 251 fino al passo omonimo.

Il Rifugio Passo Staulanza, punto di partenza della nostra escursione

Parcheggiata la macchina negli appositi spazi di fronte al rifugio, ci dirigiamo per prima cosa verso una grossa tabella informativa, sulla quale sono riportati, oltre al nostro, alcuni degli itinerari più frequentati della zona, come il giro del Pelmo, con deviazione alle celeberrime orme di dinosauro scoperte dal ricercatore Vittorino Cazzetta nei primi anni Ottanta, e la salita al Monte Crot, dalla cui cima è possibile godere di una strepitosa vista a 360° su Marmolada, Civetta e Dolomiti d'Ampezzo.

Quando si dice l'imbarazzo della scelta!

Superato con facilità un primo brevissimo tratto in salita, imbocchiamo a questo punto il sentiero 472, coincidente per qualche manciata di metri (occhio ai cartelli che indicano il bivio!) col più faticoso - e parzialmente attrezzato - sentiero 480, spettacolare tracciato utilizzato in passato dai cacciatori di camosci per spostarsi da un versante all'altro del Pelmo, conosciuto anche come "Sentiero Gino Flaibani", dal nome del primo indimenticato presidente della Sezione CAI di Fiume.

Segnavia per il Rifugio Città di Fiume e per il Rifugio Venezia

Percorsi pochi passi in un bellissimo bosco di conifere, ad offrirci un assaggio degli strabilianti paesaggi montani che ci accompagneranno per tutta la durata della nostra escursione è subito lo scintillante profilo del Pelmetto, 2.990 metri di pura dolomia al cospetto dei quali è impossibile non rimanere a bocca aperta.

Lo scintillante profilo del Pelmetto, 2.990 metri di pura dolomia

Se a caratterizzare questa prima parte del percorso sono soprattutto larici, abeti rossi e altre specie tipiche delle regioni subalpine come il rododendro e il mirtillo, man mano che procediamo la vegetazione inizia progressivamente a diradarsi, lasciando spazio ad un ambiente più severo ravvivato ogni tanto da piccoli arbusti sempreverdi e profumati fiorellini di montagna che spuntano solitari tra le rocce.

Un tratto del sentiero 472

Facendoci strada tra rigogliosi cespugli di pini mughi (attenzione a non pungervi!) e giganteschi massi calcarei adagiati qua e là ai lati del sentiero, giungiamo così, in una ventina di minuti di cammino, sino alle pendici del famigerato ghiaione nord occidentale del Pelmo, dalla cui sommità si dipartono alcune tra le vie d'arrampicata più gettonate dell'intero massiccio.  

L'inizio del famigerato ghiaione nord occidentale del Pelmo

Volgendo lo sguardo alla nostra sinistra, il panorama spazia dal versante zoldano del Monte Civetta ai frastagliati profili del Beco de Mezodì e delle Rocchette, passando per le boscose propaggini del Monte Crot, l'elegante tavolato dei Lastoi de Formìn e l'affilata Croda da Lago, catena montuosa simbolo delle Dolomiti Ampezzane in vetta alla quale sono state disperse, nell'ormai lontana estate del 2010, le ceneri dello scrittore e alpinista bellunese Dino Buzzati (lo sapevate? 😮).

Lastoi de Formìn (a sinistra) e Croda da Lago (a destra) visti dal ghiaione del Pelmo

Per chi non è abituato a camminare ad alte quote, riuscire ad orientarsi in un simile labirinto di rocce potrebbe risultare, specialmente nella parte terminale del ghiaione (interessata da frequenti fenomeni franosi che ne hanno compromesso nel tempo la percorribilità), un pochino difficoltoso; in realtà, e ve ne accorgerete una volta sul posto, basta affidarsi ai caratteristici segni bianco-rossi del CAI e ai tanti ometti di pietra disseminati lungo il sentiero, per individuare con facilità la giusta direzione da seguire, superando in tal modo anche quei punti in cui la traccia è stata cancellata o risulta "nascosta" da confusionari accumuli di massi.

La parte terminale del ghiaione

Attraversato per intero il ghiaione e oltrepassata un'ultima fascia di pini mughi, il percorso s'inoltra quindi nuovamente nel bosco, per sbucare, dopo appena dieci minuti di faticosa salita, in prossimità di una splendida radura erbosa, sovrastata da un lato dall'impressionante parete nord del Pelmo e dall'altro dai dolci declivi del Col de la Puìna, alle pendici del quale sorge lo storico Rifugio Città di Fiume.

Meraviglioso tratto nel bosco poco prima di giungere a destinazione

Per comprendere meglio cosa ci faccia quassù, nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, un rifugio intitolato ad una città della Croazia, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo di circa ottant'anni e più precisamente al periodo successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando per sottrarsi alla violenza del regime comunista di Tito, decine di migliaia di italiani residenti nella penisola istriana (annessa alla Jugoslavia in seguito ai Trattati di Parigi del 1947) furono costretti a fuggire oltre confine, abbandonando dalla sera alla mattina case, terreni e tutti i loro averi.
Stessa sorte toccò a molti dei soci del Club Alpino Fiumano che, per cercare di mantenersi in contatto nonostante la distanza, cominciarono ad organizzare gite e raduni annuali, scegliendo come luogo di ritrovo una vecchia malga abbandonata scoperta per caso dal vicepresidente della Sezione durante un corso di alpinismo giovanile organizzato in zona Forcella Staulanza: fu così che venne inaugurato, nel settembre del 1964, il Rifugio Città di Fiume, nei pressi del quale sventolano tuttora alte sia la bandiera italiana che il vessillo con i colori della città croata.

Arrivo al Rifugio Città di Fiume (1.918 metri s.l.m.)

Intorno all'edificio, illuminato dai raggi di un magnifico sole settembrino, gruppetti di mucche sonnecchiano beati (e chi non farebbe lo stesso in un luogo del genere?), mentre all'orizzonte si staglia maestosa l'unica, indiscussa "Regina delle Dolomiti", riconoscibile dalla minuscola chiazza bianca (ciò che rimane del suo ghiacciaio!) che ne incorona il versante settentrionale.

Mucche sonnecchianti nei prati di fronte al rifugio; all'orizzonte, la Marmolada e il suo ghiacciaio

Pensare che milioni di anni fa tutta questa zona fosse sommersa dall'acqua, e che lo stesso Monte Pelmo giacesse al di sotto del livello del mare (come confermato dalla sorprendente scoperta, a quota 3.024 metri, di impronte di dinosauro simili a quelle rinvenute alla base dello spigolo sud-ovest del Pelmetto!), fa sicuramente una certa impressione, soprattutto considerata la fitta distesa di prati ed alberi che lo circonda oggi: ma voi, tante sfumature di verde tutte insieme le avete mai viste? 💚

Sua Maestà il Pelmo (3.168 metri s.l.m.)

Il tempo di gustare una deliziosa fetta di strudel appena sfornato e ci rimettiamo dunque in marcia, lasciandoci alle spalle il sentiero 472 e incamminandoci lungo la vecchia mulattiera militare che collega il rifugio alla pittoresca Malga Fiorentina, situata un centinaio di metri più in basso.

La vecchia mulattiera militare che collega il rifugio alla Malga Fiorentina

Voltandoci indietro, a catturare lo sguardo è ancora una volta l'enorme sagoma del "Caregón del Padreterno", paragonate al quale persino la vicina Cima Forada, con i suoi 2.455 metri d'altezza, e la selvaggia dorsale delle Cime di Val D'Arcia, tutte superiori ai 2.000 metri di quota, appaiono minuscole.

Cime di Val D'Arcia (a sinistra) e Cima Forada (a destra) viste dalla strada per la malga

Ma a rendere piacevole il tragitto per la malga non sono soltanto silenzio e natura incontaminata: a circa metà del percorso, a strappare un sorriso agli escursionisti è infatti un curioso signore barbuto intagliato nel legno (forse una raffigurazione del cosiddetto "Om Salvarech", lo spirito dei boschi tanto caro agli agordini?), che dall'alto del suo piedistallo fatto di radici e ciuffi d'erba sembra quasi domandarsi se sia meglio mettersi in posa per una foto o far finta di non vederci!

Curiosa scultura su ceppo di legno

Salutato il nostro amico selvatico e superati un altro paio di tornanti, ecco spuntare finalmente i tre edifici che compongono la malga, inaccessibili al pubblico in quanto di proprietà privata ma circondati da una vista talmente incantevole su Marmolada, Gruppo del Sella e Rocchette da valere comunque una fugace deviazione.

Arrivo alla Malga Fiorentina (1.799 metri s.l.m.)

Ammirato per l'ultima volta lo sterminato mare di montagne che si stende di fronte a noi, possiamo a questo punto decidere se rientrare al Passo Staulanza percorrendo a ritroso il sentiero dell'andata (come ho fatto io), oppure proseguire lungo la strada forestale (segnavia 467) che, dalla malga, scende sinuosa sino all'ampio parcheggio sterrato situato in prossimità del terzo tornante della SP251, distante poco meno di mezz'ora a piedi dal punto di partenza della nostra escursione.

Camminando lungo il sentiero del ritorno; sullo sfondo, il versante zoldano del Monte Civetta

INFORMAZIONI TECNICHE:

Punto di partenza: Rifugio Passo Staulanza (aperto da giugno a settembre e da fine dicembre a metà marzo, con possibilità di pernottamento e mezza pensione).
Punto di arrivo: Rifugio Città di Fiume (aperto da giugno a settembre più tutti i weekend invernali, con possibilità di pernottamento e mezza pensione).
Segnavia: 472 fino al rifugio, 467 fino alla Malga Fiorentina (per conoscere lo stato attuale dei sentieri, potete consultare questa utile tabella redatta dal CAI Veneto).
Tempi di percorrenza: 2 ore e 30 all'andata, 2 ore al ritorno.
Lunghezza totale del percorso: ca. 12 km.
Dislivello complessivo: 508 metri (254 in salita e 254 in discesa).
Difficoltà: nessuna, escluso qualche tratto dal fondo un po' insidioso.
Escursione effettuata nel mese di: settembre.

Schizzo raffigurante i dintorni del Rifugio Città di Fiume realizzato nel 1965 da Aldo Depoli,
all'epoca vicepresidente della Sezione CAI Fiumana (© CAI Fiume)

4 commenti:

  1. Ci siamo stati quest'inverno con gli sci d'alpinismo per addentrarci fino alle pendici del Pelmo, strepitoso! Ma adesso, dopo le tue foto, sono ancora più curiosa di vederlo in veste estiva!
    PS: quanto sono belli i Lastoi de Formin visti da là?

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    1. Il Pelmo è una delle mie montagne preferite, ci sono stata tante volte - ma sempre in estate e sempre partendo da località diverse! - ed è incredibile come cambi forma a seconda dell'angolazione da cui lo si guarda... davvero fotogenico! ;-) I Lastoi de Formìn comunque non sono da meno, avendoli ammirati anche più da vicino (la scorsa estate ho fatto il giro della Croda da Lago e mi ci sono ritrovata praticamente sopra) sono giunta alla conclusione che le Dolomiti Bellunesi sono uniche :-)

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  2. Siamo stati anche noi (sempre con gli sci d'alpinismo) facendo Lago Federa - Palmieri - Croda da Lago - Lastoi de Formìin in uno strepitoso giro ad anello...
    In estate sono zone che tendo un po' ad evitare per paura ci sia sempre troppa gente per i miei gusti, però poi vedo le foto e me ne pento!

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    1. Ti assicuro che andando in primavera o sul finire dell'estate di gente se ne incontra pochissima, io scelgo sempre settembre proprio perché adoro camminare lungo sentieri deserti! :-) Diciamo che in linea di massima gli unici luoghi che eviterei in alta stagione sono quelli facilmente raggiungibili a piedi o in funivia, ma essendo una minoranza - soprattutto sulle Dolomiti Bellunesi, già in Alto Adige il discorso cambia, almeno per quanto ho potuto vedere negli ultimi anni - io fossi in te un pensierino ce lo farei... non abiti neppure lontano! :-)

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